L’eccezionalità di Venezia, nel doppio significato, positivo e negativo, che il termine assume è stata percepita da sempre dagli scrittori. Amata ed odiata contemporaneamente, ma comunque e sempre narrata come eccezionale ed unica,
diversa da ogni altra città, meraviglioso luogo di collegamento e di incontro tra Oriente ed Occidente. Fin dall’inizio della letteratura italiana Salimbene de Adam , cronista medioevale di Parma, contribuisce con la sua descrizione dei mercanti veneziani alla creazione dell’immagine di Venezia terra di superbi, spregiudicati e corrotti, a creare quell’immagine negativa che viaggerà, parallelamente per secoli con quella di Venezia terra di libertà, equità, giustizia, forte del suo governo oligarchico che sa vincere e dominare dal suo interno ogni tentativo di eccesso. Boccaccio in una novella del Decameron (IV, 2) bolla i veneziani come sleali, pur se con battuta pronta (v. VI, 4) e le veneziane come stupide e vanitose. Ma
Dante Alighieri aveva dato, pur in sole tre terzine, una splendida descrizione dell’
Arsenale di Venezia (Inferno, XXI, 7-15) e Petrarca indica lo
Stato veneziano come il luogo ideale per l’uomo che ama lo studio. Della stessa opinione anche Erasmo da Rotterdam , che dopo aver passato un anno a Venezia, la definisce in una lettera ad Ambrogio Leoni la città in cui ha conosciuto l’amicizia ed una grande dolcezza di vita; del resto i saggi appartenenti a diverse religioni che dialogano nel Colloquium Heptaplomeres, opera attribuita a Jean Bodin, possono tranquillamente convivere solo in una città che permette la libertà di pensiero come Venezia. Ecco: la possibilità di libera e tranquilla convivenza di idee, religioni, filosofie costituisce la base positiva della fama che la Serenissima aiuta a diffondere con ogni mezzo: purché siano rispettati i doveri verso lo stato, Venezia è la terra di ogni libertà, la più bella e la più salubre, cerca di affermare tutta la storiografia pubblica. Un elogio alla giustizia veneziana è anche la soluzione che permette il lieto fine del Mercante di Venezia
Shakespeariano, con l’elogio del mercante Antonio, nobile di cuore, non di aristocrazia terriera o solo di tradizione familiare, come abitualmente si vantavano di essere i veneziani che “per ragioni di mercatura” frequentavano l’Oriente prima di darsi alla carriera politica. Nel Seicento da Venezia si diffonde la moda letteraria delle Accademie che vede nelle Glorie celebrate dagli Incogniti di Giovan Francesco Loredan l’esemplare più famoso.
Saranno però le Memorie di
Casanova (con le descrizioni dei costumi liberi della città), le commedie ed i Mémoires di
Goldoni e le opere teatrali dei
Gozzi a dare una immagine del tutto particolare di Venezia al mondo, immagine che, dal
XVIII secolo , si lega all’idea del
Carnevale come periodo di festa, di possibilità di duplicità legata alla
maschera; dietro la maschera è possibile avere una moltiplicazione della personalità, un cambiamento che permette il diverso ed il
doppio Non è importante che in molte commedie di Goldoni siano presenti critiche anche forti al dispendio economico che i divertimenti folli ( per primo il
gioco d'azzardo) portavano: il carnevale veneziano resta legato all’idea di festa, esaltata dalle particolari condizioni che l’architettura della città, con i suoi giochi di riflessi, di fughe nell’acqua, di
gondole misteriose, permettono. Durante il carnevale a
Murano era stata ambientata la cornice delle Piacevoli notti di Giovan Francesco Straparola; del resto il tema del carnevale è destinato ad essere dei più fortunati, sia in musica (basti pensare alla fortuna della canzonetta popolare intitolata Carnevale di Venezia sul cui tema verranno scritte anche poesie per le Regate), sia in pittura (
Pietro Longhi ,
Francesco Guardi).
Venezia è luogo di partenza e d’arrivo per i viaggiatori: in moltissime relazioni troviamo descrizioni della città, da quella di John Mandeville, il viaggiatore inglese del Trecento, fino a quelle dei giorni nostri; nel Settecento la città comincia anche a diventare meta di quel Tour “educativo-culturale” che avevamo visto descritto nel Volpone di Ben Jonson. Forse la relazione più famosa è quella di
Wolfgang Goethe che descriverà a lungo nel Viaggio in Italia quella che lui definisce la «meravigliosa repubblica di castori». A questa visione Schiller contrapporrà quella della città sede dei complotti e dell’ipocrisia dominante. Ma la fine della Repubblica Serenissima sotto le armate di Napoleone prima e la cessione
all'Austria, poi, con il conseguente disperdersi dell’importanza di una città che era stata capitale, si riflettono nelle Confessioni di un italiano di Nievo e in altro modo, nella novella Senso di Camillo Boito che verrà splendidamente trasposta sullo schermo da
Luchino Visconti . Venezia, viene proposta dai letterati con un’immagine di decadente tristezza: dalle Pietre di Venezia di
John Ruskin alle descrizioni George Sand sia in lettere d’un viaggiatore che in Storie della mia vita e tanti altri viaggiatori contemporanei fino ad arrivare alle liriche del romanticissimo Aleardi. È degno di nota che
Henry James ambienti nella città i romanzi percorsi da passioni “maniacali” (Le ali della colomba, Il carteggio Aspern); Venezia è anche centro per raffinate erotiche passioni (D’Annunzio e il Baron Corvo), fino all’immagine di dissoluzione marcia presentata da
Thomas Mann in
Morte a Venezia attrazione del fascino della bellezza e della morte o nel romanzo di Hoffmannsthal, Andrea o i ricongiunti («bisogna nascondere la profondità. Dove? Nella superficie»). Non possiamo dimenticare l’importanza che dà a Venezia Marcel Proust, luogo di profonde sofferenze gelose nei confronti di Albertine (in la Recherche du Temps Perdu – tomes: La Prisonnière et La fugitive), immagine che, dopo la sua sparizione, viene sostituita da quella della madre.
Il vento futurista di Marinetti si abbatte anche sul
Canal Grande, che egli vorrebbe interrato e sulle gondole, cavalli a dondolo per cretini, degne solo di un fuoco purificatore che le distrugga. Venezia resta città di incanto e di fascino un po’ malato (Iosif Brodskij, Fondamenta degli incurabili) o luogo che non degno dei miti su cui è costruita «città che domanda turisti e amanti anziani», Eugenio Montale (in Due prose veneziane in Satura II). La corrispondenza biunivoca di fascino-attrazione-repulsione fra una città che è di tutto il mondo ed il mondo che da lei è attirato continua in un imperituro gioco di reciproca seduzione.
Daria Perocco