Il Regno Italico Indipendente.

Il Doge Pietro Tradonico. Fregio di Domenico Tintoretto, Venezia, Palazzo Ducale, sala del Maggior Consiglio

Stemma del Doge Pietro Candiano.

Antonio Canal detto Canaletto, La Festa della Sensa, olio su tela, XVIII sec.

Chiesa di S. Pietro in Olivolo.

Porto delle Donzelle , oggi Porto Santa Margherita.

Mappa del mondo di Ibn Hawqal, geografo iracheno.

Mappa del mondo di Piri Reis, geografo iraniano.

Il Doge Pietro Orseolo II.

L'Italia feudale, 962-fine sec.XI.

Papa Onorio III.
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Antonio Canal detto Canaletto, La Festa della Sensa, olio su tela, XVIII sec.


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Porto delle Donzelle , oggi Porto Santa Margherita.


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Mappa del mondo di Ibn Hawqal, geografo iracheno.


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Mappa del mondo di Piri Reis, geografo iraniano.


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Il Doge Pietro Orseolo II.


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L'Italia feudale, 962-fine sec.XI.


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Papa Onorio III.


La pirateria nell'alto Adriatico

Sin dalle epoche più remote la zona nord orientale del mar Adriatico ospitò numerosi gruppi di persone dedite alla pirateria. Tali gruppi furono più o meno numerosi e più o meno aggressivi, a seconda della particolare epoca storica e della sua congiuntura economica. Le attività da questi svolte erano essenzialmente riconducibili alla depredazione delle imbarcazioni mercantili che transitavano in prossimità dei loro insediamenti e, più raramente, a rapide incursioni a terra, a caccia di merci da predare o uomini da rendere schiavi per il riscatto.

Questa attività è documentata a partire dai primi decenni del I secolo d. C. ed è continuata con le stesse modalità almeno sino alla metà del XVII secolo. Nel caso della pirateria dalmata, molti fattori hanno fatto convergere la scelta delle diverse popolazioni abitanti le coste verso la pirateria. Un fattore particolarmente importante era la posizione strategica del loro insediamento, da sempre passaggio obbligato di ricche rotte mercantili che hanno collegato il Levante prima bizantino e poi ottomano a vasti territori del continente europeo.

La presenza di traffici è sempre stata, infatti, la principale attrazione di popolazioni dedite alla pirateria. Un altro fattore significativo era la morfologia del territorio, che favoriva nel corso dei secoli fuga ed occultamento dopo le loro imprese. Le molte isole e gli stretti canali hanno agevolato anche la capacità di appostarsi e la capacità di prevenire forza e consistenza della vittima di turno, spesso ignara del pericolo incombente. Non possono essere trascurate l'appoggio e la connivenza delle popolazioni ivi stabilite. L'attività depredatoria dei pirati è stata spesso appoggiata da altri poteri che l'hanno sfruttata ed usata per loro tornaconto, spesso come una sorta di atipica concorrenza commerciale verso lo stato o i mercanti depredati. Comunque, l'area compresa tra l'estremità orientale della penisola istriana e le isole a nord della città di Zara è stata sede nel corso dei secoli della pirateria dalmata.

La volontà di eliminare il fenomeno della pirateria dalmata può essere individuata nei fatti che hanno portato la Repubblica di Venezia a intervenire intorno all'anno mille. L'invio della flotta organizzato dal doge Pietro Orseolo II contro i pirati narentani va analizzato alla luce del quadro degli equilibri internazionali dell'epoca. In seguito alla spedizione, Venezia fu infatti capace di estendere il suo predominio su gran parte della Dalmazia, gettando le basi del futuro controllo sull'Adriatico e trasformandosi da città lagunare, ancora legata all'Impero Bizantino, a vera e propria potenza regionale. All'epoca, il problema della pirateria dalmata era conosciuto nello stato veneziano da circa un secolo e mezzo. Vale la pena, quindi, di ripercorrere gli eventi che hanno portato a una trasformazione così profonda del ruolo e del peso politico della Repubblica. Sin dall'epoca del doge Pietro Tradonico, nell'836, si erano verificati i primi contrasti che avevano portato a una sostanziale vittoria, non duratura, sui pirati dalmati. Nell'880 le scorrerie degli slavi fino alle porte di Grado facevano si che la Repubblica cercasse l'alleanza delle popolazioni dalmate vittime della pirateria, come la città di Zara, e delle altre sottrattisi al dominio imperiale dall'820.

La vittoria riportata contro i pirati slavi fu completa, ma il fatto che una volta fattasi restituire il mal tolto Venezia rimettesse in libertà i pirati stava a indicare che questa cercasse ancora la pace e una pacifica convivenza. In altri termini, la strategia dell'eliminazione del problema non era ancora conveniente, quindi non d'attualità . Alcuni anni dopo, nell'887, ebbero luogo le due spedizioni organizzate dal doge Pietro Candiano, entrambi sfortunate, nella seconda delle quali lo stesso condottiero veneziano perse la vita per mano dei narentani. Le vicende si susseguirono sino alla metà del X secolo con alterne fortune.

Alcune vicende legate a tali scontri sono state mantenute nella memoria dei veneziani in termini celebrativi. Per esempio, la festa celebrata nel giorno della Purificazione, il 31 gennaio, si propone di ricordare la vittoria dei veneziani sui pirati istriani e narentani. Questi avevano catturato alcune donzelle veneziane che si recavano per tradizione alla cattedrale di San Pietro in Olivolo a far benedire le loro doti prima del matrimonio. I pirati con la preda pare si fossero recati nei pressi di Caorle in un luogo chiamato ancora oggi Porto delle Donzelle, dove, raggiunti dai veneziani, vennero sconfitti e costretti a cedere il bottino. Al di là di questi singoli episodi, si può intuire quanto la realtà dettata dalla pirateria abbia influito nella vita e nella celebrazione di feste e ricorrenze in seno alla Repubblica di Venezia.

Documentabile è il pagamento di una sorta di tributo da parte di Venezia ai pirati fino agli anni '80 del X secolo. Questa situazione costituì per la classe dirigente della Repubblica, dedita al commercio, la scelta del male minore. Pagare delle somme ai Narentani significava per loro assicurare il proprio ricco traffico dagli attacchi e depredazioni piratesche. Nel caso specifico, si potrebbe ritenere che il prezzo da pagare per affrontare una guerra potesse essere stato considerato troppo alto rispetto al pagamento di una piccola percentuale dei guadagni derivanti dall'attività mercantile. La pace e il relativo prosperare delle attività commerciali avrebbero ampiamente compensato le somme sborsate. Sarebbe erroneo considerare il pagamento di queste somme come una sorta di debolezza militare e politica della Repubblica.

A questo proposito significativa è la denominazione dell'Adriatico come mare dei veneziani data dal geografo iracheno Ibn Hawqal da Palermo già nel 972. Tale situazione comunque era destinata a consolidarsi con il crescente peso economico e politico della Repubblica. Infatti, nel 1513 l'ammiraglio e geografo ottomano Piri Reis definiva l'Adriatico nei termini di Golfo di Venezia. L'elezione al dogado di Pietro Orseolo II contribuì a mutare il precario equilibrio raggiunto tra Repubblica e pirati. Il doge, decidendo di non pagare più il tributo, scatenò la rappresaglia dei narentani sul commercio veneziano. La seguente spedizione organizzata da Venezia al comando del Badoario (detto Bragadino) si spinse fino a Lissa che venne distrutta.

Il saccheggio della città comportò le cruente rappresaglie dei narentani stavolta estese a gran parte della costa dalmata. Non potendo confidare nell'aiuto di Bisanzio, i paesi e i porti assaliti videro in Venezia la sola potenza in grado di opporsi alla forza degli slavi di Narenta. Si realizzò così una saldatura di interessi e prospettive nel blocco che comprendeva Venezia da una parte e la Dalmazia soggetta a Bisanzio, ma in cerca di indipendenza e autolegittimazione ormai da più di un secolo dall'altra.

Per Venezia costituì un'imperdibile occasione da cogliere e il doge Orseolo non esitò a raccogliere la richiesta d'aiuto dei dalmati. Le due spedizioni militari da lui stesso comandate mieterono grandi risultati. Nella prima le popolazioni di Grado, Parenzo, Pola e del Quarnero gli si assoggettarono spontaneamente, fornendo aiuti all'armata veneziana. Anche gli slavi di Cherso e Ossaro gli giurarono fedeltà .

Lo stesso capitò a Zara e alle isole di Arbe e Veglia. Dopo aver intrattenuto contatti con i croati, il doge firmò una prima tregua che comportò la cessazione del pagamento del tributo veneziano ai narentani e l'impegno da parte di questi a non molestare il traffico veneziano. A causa dalla rottura di quest'ultima clausola, una seconda spedizione, partita il giorno dell'Ascensione, comportò l'assoggettamento di Curzola e la distruzione di Lagosta, che non si era arresa. A tale fatto seguì la deportazione dei suoi abitanti a Venezia in stato di schiavitù.

Come conseguenza delle due spedizioni, Venezia divenne una vera e propria potenza regionale con il riconoscimento da parte delle città conquistate, seppur nel rispetto delle istituzioni e delle norme vigenti all'interno di quei luoghi. Questo fatto era destinato a mantenersi come caratteristica del dominio veneziano, anche nei secoli posteriori e in aree molto eterogenee tra loro. Potere politico e commerciale venivano a fondersi in maniera sempre più inscindibile. E' lecito però chiedersi che fine abbiano fatto i pirati che avevano così ostinatamente osteggiato l'affermarsi della potenza veneziana. E' possibile rispondere a una tale domanda ricordando le possibilità date dalla costa dalmata alla popolazione ivi residente. Esse sono rappresentate dal fatto di trovarsi lungo ricche rotte mercantili e la possibilità di difendersi in roccaforti protetti dalla montagna alle spalle e attorniate da un dedalo di isole e una serie di stretti canali. Ai fattori strategici e geografici dei luoghi, vanno aggiunti quelli politico - economici, ovvero il desiderio di controllare una parte dei lucrosi traffici Levantini di transito per Venezia da parte di altri stati concorrenti in tale commercio. Le popolazioni costiere si sono riorganizzate e l'attrazione data dalla possibilità di facile arricchimento rappresenta una spinta ancora maggiore della paura della repressione. La lotta contro i pirati della costa dalmata proseguì per tutto il XIII secolo e assumendo, a tratti, considerevoli proporzioni a causa della recrudescenza del fenomeno.

Nel 1221 Papa Onorio III indisse una Crociata contro i pirati di questa regione. Nel 1278, questi persero due isole basi della loro attività: Brazza e Lesina. Solo nel 1444, i veneziani riuscirono a impadronirsi della piazzaforte di Almissa chiudendo il conto per circa un secolo con il problema della pirateria adriatica. A partire dalla metà del XVI secolo, comunque, la questione si ripropose con forza per cause diverse e con altri protagonisti. In seguito all'avanzata ottomana nei Balcani, gruppi eterogenei si stabilirono sulle coste un tempo occupate dai narentani. Gli Uscocchi (termine croato traducibile con fuggiaschi) occuperanno a lungo la Repubblica fino alla metà del XVII secolo.

Salvatore Pappalardo


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